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Sunday, 5 April 2020

Premio Strega 2020: Ragazzo italiano - Gian Arturo Ferrari


Certe volte l’età di un autore e’ importante. Lo e’ in questo caso.

Gian Arturo Ferrari, classe ’44, con Ragazzo italiano propone un romanzo di formazione e di storia dell’Italia del dopoguerra.
Attinge a piene mani dalla sua esperienza di vita, tra Emilia e Lombardia, e ricrea atmosfere familiari e conosciute, echi di cose viste o sentite dire.
Lo fa attraverso gli occhi del bambino Ninni, diviso tra Querciano (comune fittizio dell’Emilia), Zenegrate (comune fittizio della Lombardia) e la per niente fittizia Milano. Il bambino si fa ragazzino, Ninni/Piero, e poi ragazzo, abbandonando per sempre il “Ninni” e trovando la sua identità come Piero e basta.
Le piccole vicende del protagonista danno il la, di volta in volta, all'introduzione di aspetti e dettagli di costume e società, politica e cultura.

Il contenuto dei programmi, fatta eccezione per Lascia o raddoppia?, che aveva la capacità mitopoietica di trasformare in eroi i suoi concorrenti, non aveva grande importanza, anzi nessuna. Non si guardava questo o quel programma, ma la televisione in quanto tale, sempre e comunque. Per questo si facevano preferire i programmi lunghi, dove non si doveva cambiare prospettiva, argomento, personaggi e si poteva invece gustare appieno la televisione in sé.”

 La tecnica della giustapposizione dei diversi quadri di vita italiana richiama un precursore emiliano eccellente, l’ottimo Guareschi e la sua saga dedicata a  Don Camillo e Peppone.
È anche evidente l’influenza del cinema neorealista, soprattutto nelle scene legate a Milano: le baracche della periferia, e l’architettura che cambia man mano che ci si avvicina al suo cuore, il Duomo, sembrano un chiaro tributo a Miracolo a Milano.

“Dunque, Milano era un posto complicato. Ci vivevano quelli delle baracche con le candele e le pantegane, e a mezz’ora di tram, in case che non si potevano neanche immaginare, abitava gente che mangiava con venti posate d’argento a testa. E loro?”

Ninni (e Piero poi) e’ un grande osservatore, un giusto mix di ingenuità e curiosità, l’occhio perfetto per documentare l’Italia e la sua famiglia che cambia con essa:

La gente, per le strade, sul tram, aveva perso quell’aria spiritata di prima, quando si capiva che si stavano giocando tutto, che non avevano riserve. Non si appendevano più fuori dal tram, non combattevano negli ambulatori, non cercavano, disperatamente, di andare avanti. (…) Ingrigivano. Anche il babbo, che a casa non lavorava piu’, ingrassava, aveva perso lo scatto.

 Ninni/Piero e’ anche un amante della letteratura e a poco a poco si rivela portato per le materie umanistiche, e per la scrittura in particolare. La precisione stilistica, classica ed elegante, l’amore per il dettaglio, sono in parte collegabili al suo gusto per la lettura e la scrittura, ereditati dalla nonna maestra, ma anche un sicuro indizio della formazione dell’autore e una piena realizzazione di quello che e’ a tutti gli effetti un romanzo classico. Niente sperimentazioni, qui. Solo il lento, preciso passo di un vecchio signore che sembra guidare per mano il suo piccolo protagonista, additandogli di volta in volta i dettagli, spesso raccolti in sontuosi elenchi:

La piu’ interessante pero’ era un’altra, questa sicuro prozia, che pur essendo molto voluminosa abitava con un marito minuscolo in un appartamento non piccolo, ma fatto di una sequela di stanzette piccolissime. Ognuna delle quali era stipata fino all'inverosimile di ogni sorta di chincaglierie, cimeli, memorie. Quadretti, statuette, vasetti, cofanetti, scatolette, borsette, per non parlare degli album di fotografie, delle lenti d’ingrandimento, degli orologi, dei fermacarte, degli occhiali da sole, dei ventagli…

Peccato per l'ombra del finale, una sorta di epifania sulle rovine classiche della Grecia, la culla dell’umanesimo, dove Piero sembra dimenticare tutto quanto è successo nei diciotto anni precedenti e vivere una illusione che stona rispetto al realismo che caratterizza, invece, tutto il romanzo. La “coda” è l’unico pendaglio sull'albero a non stare in piedi:

Un tema era un percorso con un capo e una coda. Non bastava appendere all'albero i pendagli e poi togliere l’albero, in realtà i pendagli erano tutti connessi, chi leggeva il tema doveva passare dall'uno all'altro come guidato, condotto per mano. Ma senza accorgersene”.

Tuesday, 24 March 2020

Il fantasma dei fatti - di Bruno Arpaia

Incuriosita dalla pubblicità fatta al libro, ne ho preso in prestito una copia tramite il servizio MLOL. Mi aspettavo un romanzo e invece mi sono trovata di fronte ad un saggio storico con elementi da romanzo di spionaggio e parti autobiografiche. Non conoscendo l'autore, Bruno Arpaia, non ho fatto quasi caso alla narrazione in prima persona, dimenticando per un attimo che tale narratore e' "inaffidabile" per eccellenza.

Il fantasma dei fatti (Guanda, 2020)

Nel romanzo due sono le tesi, o meglio le domande cui dare una risposta.
La prima e' testuale. Ci fu o non ci fu un complotto internazionale tra gli anni 1961-1963 in Italia per privare il paese di avanzamento tecnologico e scientifico?
Attraverso l'analisi delle fonti e un po' di gioco a connettere i puntini, il narratore cerca di delineare i fatti di quegli anni: la morte di Mattei (ENI), l'incidente stradale di Mario Tchou (Olivetti), gli arresti di Felice Ippolito (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare) e Domenico Marotta (Istituto Superiore della Sanita'). Le linee che connettono i puntini sono spesso del tutto razionali ma giocate sul sottile filo delle coincidenze, della plausibilità, del non poter sapere in realtà come andarono davvero le cose. E cosi', ecco spuntare la figura sfuggente di Tom Karamessines, vice direttore del dipartimento della pianificazione della CIA, di cui Arpaia immagina gli ultimi due giorni di vita. E' lui la figura-chiave per risolvere i lati oscuri di quelle vicende?
La seconda tesi e' metatestuale. Dove finisce la finzione e comincia la realtà? Dove termina l'autore e dove inizia il narratore - che guarda un po', si chiamano entrambi Bruno Arpaia? Di chi e' la voce che risponde alla prima domanda? Se poi e' facile verificare che davvero ha lavorato e lavora per La Repubblica, e traduce e ha scritto questo e quel libro, e' vero che qualcuno e' entrato nel computer di Arpaia o che ha incontrato un ex agente CIA a Colonia in Uruguay? Inverosimile? Dipende, di quale Bruno stiamo parlando?
Ci si accorge allora che il narratore, dopo averci addomesticato e condotto per mano ci ha in realtà preso (forse) in giro, confuso se non illuso.
E la domanda rimane, senza risposta: dove finisce la finzione e comincia la realtà?

Il romanzo non e' pero' esente da alcuni difetti. Arpaia mette molta carne al fuoco e a volte ci si chiede dove stia andando a parare. Si vede che lui conosce bene la materia, ma magari il lettore medio (io) e' più ignorante. La fine e' poi un po' frettolosa, anche se la nota conclusiva strappa il sorriso definitivo per avere partecipato, inconsapevoli, al suo gioco.

Uscito in un momento infelice, il giocare con le teorie complottistiche del romanzo potrebbe essere in realtà la sua fortuna. Di complotti si parla molto in questi giorni, proprio in tema di coronavirus. E qui il complotto e' servito.

Thursday, 19 March 2020

Cosi' in terra - di Davide Enia

Risultato immagini per rocky balboa

In tanti hanno puntato sulla boxe, specie al cinema. E hanno vinto, creando storie coinvolgenti, perfino leggendarie, nonostante sia difficile - in astratto - pensare che due uomini in mutandoni che si prendono a pugni tra schizzi di sangue e sudore possano davvero interessare a qualcuno.

Davide Enia punta sullo stesso sport e vince con il suo Cosi' in terra.
Forse perché ne usa la tecnica. Saltella di qui e di là, spostandosi tra paragrafi come fossero gli angoli del ring, cambia in continuazione prospettiva, disorienta il lettore trattandolo da avversario che fa fatica a stargli dietro ma anche a non stargli dietro e - destro sinistro - colpisce, va a segno. 
Davide/Davidu' e' il protagonista di questo romanzo, insieme saga famigliare e romanzo di formazione.
Attraverso gli occhi di Davide ripercorriamo le vite degli uomini della sua famiglia: il nonno Rosario, silenzioso superstite della campagna d'Africa che ha scoperto la boxe da soldato; lo zio Umbertino, monumentale, con due passioni che riesce a portare avanti come una cosa unica - il pugilato e le "pulle"; e infine il padre Francesco, detto il Paladino, il cavaliere dall'armatura lucente che Davide non ha mai potuto conoscere.
Non e' di famiglia, ma quasi, Gerruso, l'amico meno cool che ci si possa immaginare per uno come Davide. Ma e' un'anima buona, un amico sincero, strappa sempre un sorriso - anche quando il dolore di fondo sembra essere insormontabile.
Una storia al maschile, quindi. Enia scrive di uomini, di tutte le età, senza lasciarsi prendere dalla mania di scrivere di donne. Non che le donne manchino. Sono personaggi minori ma fondamentali - la nonna Provvidenza, la mamma Zina e le prostitute che popolano Palermo, l'Africa, i racconti di zio Umbertino. Ma Enia non ha la presunzione di interpretarle.
Romanzo di formazione, anche, poiché segue la vita di Davide nell'arco di otto anni, dai 9 ai 17. Sono gli anni della sua formazione sportiva, scolastica e sentimentale. Impara "il gioco di gambe della Buttana", mossa che si rivelerà fondamentale sul ring; impara il latino e l'importanza della correttezza grammaticale e lessicale dalla nonna; impara che a volte, per affetto, è meglio una bugia bianca ad una verità.
Affatto secondaria la scrittura di Enia. Ne ho già parlato per la costruzione a "incontro di pugilato", ma non può mancare la menzione del siciliano, utilizzato come lingua veicolare accanto  all'italiano. A volte difficile da capire - non è il linguaggio inventato di Camilleri, ma palermitano puro -, spesso sottolinea passaggi che strapperanno il sorriso. Ma non lasciatevi ingannare, non è sempre così. Alcune scene sono tutt'altro che divertenti, perché legate ad episodi storici tragici e a dettagli meno noti, ma non per questo meno tragici, della nostra storia.
Non bisogna essere per forza Camilleri per essere un buon autore siciliano.


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Friday, 6 March 2020

Writers&Lovers - di Lily King


Writers & Lovers di Lily King e' gia' un successo editoriale negli Stati Uniti, dove e' pubblicato da Grove Atlantic.

La voce narrante appartiene alla trentunenne Casey Peabody, cameriera per lavoro e scrittrice per passione. Tutti i suoi amici che volevano intraprendere la carriera di scrittore si sono gia' arresi e sono spariti dalla circolazione. Molti si sono gia' sposati, come sembra essere nell’ordine naturale delle cose.

Ma Casey non e' una che molla. E non e' neanche una la cui vita segua un percorso naturale. Nonostante le avversità - la recente morte dell'amatissima madre, l'abbandono senza una parola da parte del fidanzato-poeta, i debiti che crescono invece che calare, i problemi di salute e i rifiuti delle case editrici - continua a scrivere il suo romanzo, a pedalare sulla sua bicicletta e, in barba alle tante promesse fatte a se stessa, si innamora ancora. Non di uno, ma di due uomini. Casey non si fa mancare davvero nulla.

Il personaggio creato da Lily King e' una ragazza con un passato e un presente difficili, sofferente, ma anche con un bel senso dell'umorismo, accattivante. Soprattutto, prima ancora di essere una scrittrice, e' una lettrice. Una in cui ci possiamo rispecchiare con facilita' quando entra in librerie e biblioteche, e tocca con piacere quasi fisico le copertine, da cui trae energia e rassicurazione, e presto dimentica il perche' sia in quel certo posto, presa dalle infinite possibilità che quelle file di libri portano in se'. Suona deja-vu? 😉

Non stupisce che Casey si innamori di due scrittori: Oscar, che ha gia' un discreto seguito e ha gia' una vita alle spalle (vedovo, due bambini) e Silas, piu' giovane e ancora inedito, piu' acerbo ma sensibile. Chi scegliera'? Certo un peso lo avranno i libri dei due perche' - Casey lo sa - e' impossibile non fare un collegamento tra cio' che scrivono e cio' che sono.

Il libro ha uno stile incalzante, ma al contempo delicato, come delicata e' Casey, senza pero' essere fragile. C'e' tutto cio' che puo' piacere ad un pubblico americano: e' un romanzo di formazione, con un suo lieto fine (e chi non vorrebbe un lieto fine per Casey?) e una protagonista che incarna la "resilienza", parola oggi molto amata negli Stati Uniti e divenuta di moda anche in Italia.

L'augurio e' di vederlo presto tradotto anche in italiano. 

Friday, 3 February 2017

La Separazione del Maschio

Il protagonista del libro di Francesco Piccolo e' un innominato  maschio - voce narrante. E' un  malato, dipendente dal sesso, che da una parte nobilita la sua vita di continui tradimenti sessuali con la giustificazione dell’amore. Dall’altra, giustifica il comportamento compulsivo come parte dell’essere “maschio”, anzi, accostandovi l’aggettivo “meridionale” raggiunge l’apice dello stereotipo.
I suoi difetti e le sue colpe sono talmente evidenti e plateali da poter suscitare reazioni forti nelle lettrici. A dire il vero, ad una attenta lettura, non provoca rabbia proprio perche’ e’ un malato, punito  due volte nel corso della sua vita di marito felicemente fedifrago:
1)  e’ padre di una figlia - con la quale ha dialoghi che lo mettono duramente allo specchio - e, ironia della sorte,
2) la moglie Teresa lo lascia non a causa dei tradimenti di cui e’, almeno in apparenza, ignara ma perche’ capisce di non amarlo piu’, dopo averlo a sua volta tradito.
L'innominato personaggio e’ cosi' colpito ed affondato.

Piccolo crea un fortissimo distacco tra se’ e l'io narrante, nonostante l’uso della prima persona. Lo fa con l’utilizzo esagerato del campo semantico sessuale. Delle ripetizioni di parole afferenti al sesso si perde il conto. Dopo un po’ si leggono come se fossero punteggiatura, da tanto il protagonista ne e’ ossessionato. Crea distacco perche’ non gli affibbia un nome, e’ un generico maschio malato, uno stereotipo.

Interessante il “montaggio” del romanzo, che riproduce il montaggio dei film. Montare film e’ il lavoro del protagonista che ne spiega alcune tecniche nel corso del romanzo, impiegate poi nella scrittura stessa. E’ un gioco di rimandi molto interessante. Ad esempio, non sfugge la scena della morte della madre di Teresa. La voce narrante all'inizio del libro dice che la suocera - anch'ella in gioventu' preda del maschio - non potra' prendersi il ruolo di protagonista con la sua malattia, la sua follia, le sue lamentele, il suo continuo attirare l'attenzione su di se'. Eppure, sul letto di morte, e' lei ad essere protagonista, a lei a chiudere la storia, e' lei a tenere in scacco il maschio.

Al di la' dell'esagerazione comportamente e lessicale, non manca un pizzico di tenerezza. Alcuni passi in cui e’ coinvolta la figlia stringono il cuore, lasciano disarmati. E sono gli unici in cui sotto il maschio si scorge un barlume di normalita’, di un istinto finalmente diverso da quello suo, dominante, sessuale: l’istinto paterno.

Voto: 8

Wednesday, 10 February 2016

L'amica geniale











Costo ebook euro 11,99


E' il primo della tetralogia di Elena Ferrante, diventata sensazione in America, dove la letteratura italiana contemporanea non e' tra le piu' tradotte e lette.
L'Amica Geniale e' un romanzo di formazione ambientato nella Napoli del dopoguerra, che segue attraverso la voce narrante di Elena Greco (Lenuccia o Lenu' per la famiglia e gli amici del rione) la vita nel rione e, in particolare, il complesso rapporto di amicizia che si sviluppa a partire dall'infanzia con Lina/Lila Cerullo.
Il ritmo e' lento, pacato, e l'impianto e' tradizionale: nulla viene lasciato inspiegato. Non succede nulla di rocambolesco, ma proprio la pacatezza e il ritmo sempre uguale creano una sorta di legame con il lettore che e' spinto ad andare avanti, pagina dopo pagina, anno dopo anno.
Come mai un romanzo che non ha all'apparenza nessuna particolarita' e' cosi' amato dal pubblico americano? E' davvero merito della traduttrice, Ann Goldstein, come sostengono alcune fonti - che addirittura potrebbe essere la vera ideatrice del romanzo? Da quando poi il libro e' diventato una hit sul mercato americano, piovono le ipotesi sulla vera identita' di Elena Ferrante.  Uomo o donna? Coppia? E via di questo passo.
Certo un po' di mistero non guasta mai nel creare sensazione attorno agli scritti. Non di molto tempo fa il caso di J.K. Rowling e il suo passaggio al genere thriller sotto falso nome.
Ma appunto, cosa ci trovano gli americani che non abbiamo trovato noi italiani?
Diverse le ipotesi. Innanzitutto, il successo che in generale hanno negli USA i romanzi di formazione (o, come dicono loro, coming-of-age). Poi, prendiamo la storia e trasferiamola dal polveroso rione napoletano ad un quartiere italiano in una citta' americana. La storia non cambia, anzi, e' esattamente quello che si vede nei tanti film che attori come Robert De Niro hanno portato con successo sul grande schermo - da Goodfellas a Il Padrino -  e l'atmosfera decisamente quella dei film del cinema italiano del dopoguerra che tanto successo ebbero proprio in America. Le ragazze del libro ricordano nel farsi donne le nostre famose maggiorate (Loren, Lollobrigida, Mangano), vite strette, seni ampi, a passeggio con maschi italiani pieni di se' e sempre un poco in odore di mafia (o camorra, nella fattispecie). Il primo volume della saga si chiude poi con l'ipotetico obiettivo che si stringe sulla scarpa dell'odiato Marcello Solara, un dettaglio che lascia nell'aria promesse, bugie, segreti, legami insospettati - o forse sospettati, ma troppo indesiderati per essere veri. Cosa succedera'? Dove ci portera' quella scarpa? Solo Storia del secondo cognome, secondo volume della fortunata saga, potra' rispondere a questo interrogativo.

Dal punto di vista economico, l'editore ha fissato il prezzo dei primi due volumi a 11,99 euro per l'edizione ebook (Kindle e Kobo) - e non accenna a scendere. Leggere tutta la serie (il terzo e il quarto volume sono a 12,99) costa un piccolo patrimonio - quasi 50 euro. Chissa' se anche il prezzo e' in Italia un deterrente al successo della serie?

 

Monday, 8 February 2016

DIY - piedistallo per statua in bronzo

Oggi avevo voglia di sistemare casa e di trovare soluzioni a vecchi problemi, lasciati irrisolti per pigrizia mentale. Ad esempio, il mio povero bronzo di Liu Ruowang. Da tempo avrebbe diritto al suo piedistallo ma con la scusa che non avevo trovato niente di adatto ancora stava li', orfano e quindi un po' incompleto.
Ho risolto cosi':

Libreria piedistallo


Ammetto che non avevo nessuna voglia di immergermi nel fantastico mondo di IKEA e soprattutto mi ero imposta di usare quanto piu' possibile cose che avessi gia' in casa. Riciclare e' la parola d'ordine. Ho preso allora alcuni libri - che in casa appunto non mancano - con copertina rigorosamente rigida e il piu' possibile colorata (quelli di Harry Potter sono ottimi, avere tutta la serie sarebbe stato ideale ma io ho dovuto rinforzare con Stroud, Pullman piu' un pizzico di Mo Yan e di Pancol) e, ovviamente, gia' letti.
I piccoli ma compatti bronzi delle yoghine oversize che si esibiscono nel Cammello (destra) e nell'Aquila (sinistra) mi sono saltati poi all'occhio come perfetti fermalibri per bloccare la spinta centrifuga impressa dal Guerriero al suo piedistallo di carta rilegata.
Tempo di realizzazione (una volta partorita l'idea e studiatane la realizzazione): 10 minuti
Spesa: 0.
Sforzo fisico: leggero e comunque dipende dal peso degli oggetti che spostate.

Do it yourself!

Saturday, 23 August 2014

I libri di mezzo

Le trilogie, una delle mie inspiegabili passioni. I libri seriali, come gli omicidi, scatenano il mio interesse piu' dei tomi singoli, i figli unici - spesso irripetibili - della letteratura.

L'unico problema delle triplette sono i libri di mezzo, che come i figli di mezzo non sempre riescono bene. Sono quasi dei passaggi necessari, irrinunciabili trait-d'-union tra il primogenito e l'ultimo della serie.

L'estate che ormai volge al termine mi ha visto impegnata su almeno due libri di mezzo:

Image of Profanato1. Profanato ovvero il secondo capitolo della Carnivia Trilogy di Jonathan Holt




Image of Alle radici del male2. Alle radici del male ovvero il secondo capitolo della Trilogia del Male di Roberto Costantini.



Entrambi appartengono al genere giallo. Entrambi hanno un fratello maggiore di tutto rispetto e di grande successo. Entrambi profondamente italiani, il primo perche' ambientato a Venezia e il secondo perche' ambientato in Italia e nel passato libico dell'Italia.Entrambi con quel tocco di presenza americana che tanto piace - ma che un po' mi ha stancato.
Profanato - come gia' del resto Sconsacrato - risente di una traduzione zeppa di errori e nel complesso poco professionale; tuttavia sono le esagerazioni della trama che creano un certo distacco dalla lettura, a partire dal rapimento con tanto di filmati alla rocambolesca fuga sulle nevi fino alla camera delle torture. 
Alle radici del male e' spesso ripetitivo, come se la voce narrante stesse parlando a bimbi autistici e non a consumati e attenti lettori - tant'e' vero che l'indizio per capire chi e' il colpevole (uno dei colpevoli) lo cogliamo non appena e' lasciato cadere, ben prima che ci arrivi il buon Commissario Balistreri. La storia del passato adolescenziale in Libia del commissario e' a tratti noiosa, tirata per le lunghe, quasi a voler riempire quelle 702 pagine.

Cosi aspetto i terzogeniti, quei figli di solito adorabili perche' portano con assoluta non-chalance quelle piccole imperfezioni che rendono la perfezione accattivante.
Per la Carnivia Trilogy occorre aspettare fino a maggio 2015, mentre la pubblicazione di Il male non dimentica e' agli sgoccioli (3 settembre per l'ebook). 
Parola di figlio di mezzo.

Friday, 1 August 2014

Armadale - ovvero, il padre di The Luminaries


A cosa assomiglia The Luminaries, vincitore del Man Booker Prize 2013?
Dopo aver letto Armadale, il collegamento tra il contemporaneo capolavoro di Elizabeth Catton e il tardo ottocentesco capolavoro di Wilkie Collins e' evidente.

Armadale, con le sue ottocento pagine, e' il romanzo piu' lungo del felice quartetto di Collins; la trama e' complessa, i personaggi mai di un colore solo, scienza-religione-cabala si intrecciano, si incontrano, a volte si scontrano sullo sfondo della societa' inglese vittoriana. La Catton trasporta tutto in Nuova Zelanda, compresa la dimensione esoterica, ma la ricetta rimane quella, vincente, del vecchio Collins.

Se Lydia Gwilt e' una donna dal fascino quasi magico, bigama, ladra e assassina, e' anche una donna maltrattata fin dalla prima infanzia, infelice, ma ancora capace di amare - ancorche' l'odio a volte prevalga.
Anche la protagonista femminile del romanzo della Catton ha gli stessi difetti e la stessa avvenenza che la fa desiderare da tutti, le stesse colpe, compresa la dipendenza dagli oppiacei - Lydia fa uso di laudano.
 L'autore non sembra mai giudicare i suoi personaggi per le azioni presenti o del passato, ma li fa splendere nelle loro qualita' e nei loro difetti, come esseri umani. Ha la stessa compassione per Lydia e per Midwinter che ha per l'ingenuo Armadale e il vecchio Bashwood.
Gioca con i nomi, alla pari del suo buon amico Dickens - Gwilt, Oldershaw, Ozias Midwinter e finisce con il creare ben 4 personaggi con il nome Allan Armadale. Anche l'imbroglio che e' alla base del bestseller della Catton e' possibile solo grazie ad una (presunta) omonimia tra personaggi.

Collins studia le donne, i loro comportamenti, li dipinge attraverso gli sguardi degli uomini dell'epoca - avvocati, medici, innamorati, le donne stesse. Si immedesima in loro, con risultati sorprendenti: ora in Lydia ora nella vecchia Oldershaw, lanciandosi in una corrispondenza che ha il sapore di una singolar tenzone tra le due e riproducendo il diario di Lydia, che per un lungo tratto sostituisce in tutto e per tutto la narrazione.
Anche in The Luminaries la corrispondenza tra personaggi ha un ruolo molto importante.
Il risultato? Un noir avvincente, dal ritmo sostenuto, in cui succede sempre qualcosa. Un affresco dell'umanita', a tratti umoristico, a tratti avvilente. Un esempio di ricerca e studio - Collins visita i luoghi che descrive, studia le pratiche medico-scientifiche che introduce. Una scrittura lucida e piacevole.
Tanto che il premio a The Luminaries e' quasi un tributo ad Armadale.


Thursday, 24 July 2014

Buoni libri

Non e' sempre facile scegliere un buon libro, e' questione di fortuna, di imbroccare il titolo giusto, o di avere amici che hanno i nostri stessi gusti letterari e capaci di orientarci nella scelta.

Trovare due buoni libri e di fila e' pressoche' un miracolo. E io sono stata miracolata.
1. La famiglia Moskat di I. B. Singer. Ecco un "miracolo" della letteratura ebraica, una saga famigliare di inizio Novecento che trascina il lettore attraverso un torpore generazionale lungo 600 pagine, dove nulla sembra realmente accadere o cambiare, se non lo sfondo storico. Il romanzo e' immobile, come il suo personaggio principale, che riesce a non fare nessun progresso palpabile nel corso degli anni pur esercitando un richiamo magico non solo sui personaggi che lo circondano, donne in particolare, ma anche sul lettore.
2. Vita di Melania Mazzucco. La storia (ampiamente romanzata) della famiglia dell'autrice - che e' poi la storia dei nostri connazionali che ad inizio secolo andavano a cercar fortuna oltreoceano. Chi rimanendovi poi, tra alterne fortune, per realizzare il sogno americano e chi facendo ritorno in Italia, perche' la sfortuna in patria e' sempre piu' dolce che non all'estero.

Singer scriveva all'indomani della seconda guerra mondiale in yiddish e supervisionava personalmente la traduzione in inglese ad opera di amici e parenti. La Mazzucco scrive in uno splendido italiano, confessando di non avere particolare feeling per la lingua inglese.
Singer scrive un romanzo universale, riflessivo, intellettuale; la Mazzucco e' alla ricerca di se stessa attraverso la storia particolare di Vita e Diamante. 
Singer scrive di personaggi largamente frutto della sua fantasia; la Mazzucco prende spunto dalla realta' genealogica e storica documentata, anche se  il dubbio che Vita sia mai realmente esistita non si acquieta mai.
Due opere profondamente diverse, insomma, ma stranamente simili. Entrambe parlano di popoli con storie difficili - gli ebrei da una parte, gli italiani dall'altra. Entrambi cercano fortuna in America. Entrambi in America possono si' raggiungere la fortuna, ma senza mai riuscire ad amalgamarsi con la cultura locale, sempre ai margini,ghettizzati, in lotta per la conquista di ogni singolo centimetro verso l'alto, o per la pura sopravvivenza. 
I protagonisti maschili cercano fortuna, pensando che lo spostamento geografico sara' decisivo: Asa Heshel a Varsavia, Diamante a New York. Ma nessuno dei due trovera' cio' che cerca, Asa Heshel per il suo naturale, congenito immobilismo, Diamante perche' non riuscira' mai a diventare vincente in una terra in cui adattarsi, piegarsi, scendere a compromessi e' tutto, sicche' il piu' debole, il meno adattabile e' destinato a perire - o a tornare indietro. 
In entrambe le opere si agita lo spettro della guerra, tra lo sfondo e il primo piano, toccando piu' o meno da vicino le vite dei protagonisti, il loro presente - o il loro passato, perduto.

Da leggere.

Wednesday, 6 February 2013

Il Mulino del Po. Una ruota che gira.


Siamo sotto elezioni, non da ieri, non da oggi, ma da sempre. Si', perche' l'Italia e' sempre sotto elezioni, il governo e' sempre li' li' per cadere, o per rassegnare le dimissioni prima del tempo. E' cosi' dalla nascita del Regno e la Repubblica prima e seconda non hanno mai saputo dare inversioni di rotta, cambiamenti sostanziali. Si e' sempre parlato di Destra e Sinistra, a volte di Centro, ma alla fine della fiera abbiamo spesso assistito a vuote promesse da campagna elettorale, quasi mai poi messe in pratica, che hanno reso sempre piu' sottile, quasi inesistente, il divisorio tra le due (il numero e' puramente indicativo!) fazioni.

Image of Il mulino del Po



Percio' affascinano ma non stupiscono le righe che Bacchelli regala nel terzo tomo del suo Il Mulino del Po sul cambio di governo del 1876, quando la Destra, odiata per la tassa sul macinato, venne scalzata dalla Sinistra che prometteva di abolirla
"...dopo aver imputato ogni sorta di mali al macinato...il Depretis e i primi ministri di Sinistra lo serbavano per sei anni, ed altri quattro ne impiegavano ad abolirlo gradatamente, sicche' furono in tutto dieci"

E prosegue, parlando della tassa, che tanto ricorda la nostra IMU:
"Prudente consiglio, obbediente al precetto sano e classico, che non si rinunci a un introito innanzi di aver rinunciato a una spesa e che non si consenta a una spesa se non vi corrisponde un'entrata: sana prudenza era, ma lunga per quelli che pagavano il balzello odiatissimo, ai quali coloro che andavan lenti adesso, eran stati ben piu' lesti a insegnare, anziche' i precetti della cauta finanza, l'astio e le maledizioni, l'iniquita' della crudele angheria, contro la tassa e chi l'aveva imposta. Lesti a promettere d'abolirla, meritavano elogio perche' eran lenti a mantenere..."

A me sembra una storia gia' nota.

Tuesday, 21 August 2012

Dimmi chi ti scrive e ti diro' chi sei

Lo ammetto, recentemente non sono stata uno degli animali piu' socievoli sulla faccia della terra. Sara' per questo che sono cosi' delusa dalla mia casella mail?
Il mio "corrispondente" piu assiduo e' un blogger che spara un post ogni due ore perche' questo e' il suo concetto di vacanza. Tutti post molto interessanti, di economia ed attualita'... peccato che con questa raffica passi perfino la voglia di leggere i titoli dei post.
Ci sono poi le mail di GialloZafferano, che puntualmente mi arrivano informandomi delle ricette del giorno. Tranne la torta 7 vasetti non ne ho mai provata una, di solito in casa non ho tutti quegli ingredienti. Ma non posso lamentarmi, dal momento che ho la memoria (ormai lontana) di essermi iscritta io alla newsletter.
Mi sono invece cancellata dalla newsletter di Groupon.it poiche' ero stanca di vedermi offrire a prezzi scontatissimi il solito materasso in lattice e cene per due a base di pesce a Parma e provincia.
Direttamente nello Spam mi vedo invece offrire da non ho capito chi la fantastica scopa elettrica della Vileda. Si', l'articolo mi tenta, lo ammetto, ma meglio lasciarlo dove Yahoo lo ha voluto spostare: casella Spam.
C'e' poi Simon Quadro (e' il suo nome d'arte, ma lui non lo sa) che mi scrive solo perche' stiamo arrangiando una compravendita di ... un quadro.
Farei di tutta l'erba un fascio accorpando Amazon.it, Amazon.com, IBS e Barnes&Noble, aficionados, tanto quanto io sono affezionata a loro.

L'elenco potrebbe continuare. Cio' che e' evidente - e che mai avrei voluto ammettere neppure a me stessa - e' che sono il piu' lampante esempio del consumismo imperante. O quanto meno del tentativo ben riuscito del mondo moderno di bombardarmi di ogni genere di offerta e tentazione, tanto prima o poi... ci cadro' no? Forse non comprero' la scopa elettrica o il materasso in lattice, ma prima o poi un libro che non leggero' da Amazon e Co. mi fara' fare il benedetto click. Perche' ognuno di noi ha i suoi punti deboli e la Pubblicita' apparentemente conosce  benissimo i miei.

Sunday, 12 August 2012

Cesare Battisti, scrittore

More about Avenida revolucion...Ed ex terrorista, recita la solita Wikipedia. Eccone un altro, che qualche omicidio sulla coscienza lo ha, ma che passera' alla storia come intellettuale, al pari di Sergio Segio, e chissa' quanti altri come loro.
Va bene che scrive prevalentemente in francese, ed e' pubblicato in Francia, alcuni dicono senza neppure troppo successo. (Su Anobii.com i proprietari di libri da lui firmati sono davvero pochi e su Amazon ci sono i titoli dei suoi libri, ma sono out-of-stock, proprio come quelli della Gotti, figlia del celeberrimo gangster americano). Il Corriere della Sera, qualche anno fa, lo definiva"affermato scrittore".
Eppure sembra che qualcuno lo abbia pubblicato anche in Italia e fa sorridere (eufemismo) la recensione di "Avenida Revolucion"  :
"Finalmente anche in Italia Avenida Revolucion di Cesare Battisti, uno dei più importanti autori noir italiani e tra i più apprezzati scrittori di genere a livello europeo".

Certo, uno tra carcere, latitanza ed esilio ha un sacco di tempo per pensare, e quindi scrivere. Pero' potrebbe pure intrecciare ceste di vimini o imparare l'arte dell'uncinetto, vendere i suoi manufatti e quindi diventare "uno dei piu' importanti artigiani locali". Faccio per dire. E invece no, diventa intellettuale. Quindi uno che ha un sacco di tempo per pensare e' un intellettuale. Anche se prima quel tempo lo impiegava per ordire crimini veri? Non poteva gia' allora ordirne sulla carta, con tutto quel tempo per pensare?
Non finiro' mai di stupirmi e di indignarmi.

Monday, 28 May 2012

Zuppa di vipera, prosciutto di tasso ed altre... stranezze.

The Curious CookbookIl bibliotecario della Guildhall Library di Londra, il signor Peter Ross, ha di recente pubblicato una storia dell'Inghilterra attraverso la presentazione delle ricette che nei secoli si sono susseguite nel paese. Da 25 anni lo studioso compie ricerche sulle ricette del passato e ne ha estrapolato alcune delle piu' curiose per presentarle al mondo di oggi. Il suo messaggio sarebbe, secondo il Mail Online 'guardate che roba 'sti cuochi inglesi, quanta inventiva gia' nel passato! speriamo che traggano isperazione da queste ricette - senza pero' usare specie in via di estinzione eh!'.
Certo che la cucina inglese non e' mai stata presa da nessuno ad esempio (anzi) e se adesso si mettono pure a cucinare zuppa di vipera, pasticcio di passeri e altre... stranezze... direi che la loro fama gastronomica potrebbe risentirne a livello mondiale.
Inoltre, spero che il sig. Ross non abbia davvero supposto che le lasagne siano state inventate dagli inglesi, come lascia intendere il Mail Online - basandosi sull'assunto che se gia' gli inglesi ne mangiavano un tipo nel Trecento allora forse... . Anche se tutto puo' essere, ricordiamo che gia' Cicerone andava ghiotto della lagana, la parente piu' stretta della nostra lasagna da cui, appunto, deriva il nome odierno. Diciamocelo: gli inglesi in cucina non hanno inventato niente degno di nota. Fatto salvo il trifle, se davvero e' servito a dare vita a quella cosa fantastica che e' la zuppa inglese.

Thursday, 24 May 2012

Dedicato a tutti quelli ... il cui odore li precede!

More about Sonetti satirici e giocosi
Ne la stia mi par esser col leone
quando a Lutier son presso ad un migliaio,
ch'e' pute più che 'nfermo uom di pregione
o che nessun carname o che carnaio.
Li suo' cavegli farian fin buglione
e la cuffia faria ricco un oliaio
e li drappi de·lin bene a ragione
sarian per far panei di quel massaio.
E' sente tanto di vivarra fiato
e di leonza e d'altro assai fragore,
mai nessun ne trovai sì smisurato;
ed escegli di sopra un tal sudore
che par veleno ed olio mescolato:
la rogna compie, s'ha mancanza fiore
(Rustico di Filippi, 1230-1300)

Saturday, 28 April 2012

Un amore incompreso

More about The Blind Assassin


Che peccato non poter trasmettere l'amore per un libro che ci ha preso davvero agli altri!
The Blind Assassin di Margaret Atwood, non riesco a convincere nessuno dei miei (pochi) amici a provarlo. Qualcuno e' scoraggiato dal titolo, dicendomi che dopo il post sulle bambole assassine non ne vuole sapere dei miei consigli di lettura, qualcuno mi mente dicendo che lo trova bellissimo ma poi scopro che non l'ha letto per niente.
D'accordo, me ne faro' una ragione ma intanto voglio affidare a questo post alcune citazioni che ho doverosamente tratto da questo vero capolavoro al femminile senza essere femminista.
#1. Even if love was underneath it all, there was a great deal piled on top, and what would you find when you dug down?
#2. What you don't know won't hurt you. A dubious maxim: sometimes what you don't know can hurt you very much.
#3. More and more I feel like a letter - deposited here, collected there. But a letter addressed to no one.
#4. ...trying to look purposeful; trying not to look so lonely and empty.
#5. (This last was not true, but I was learning which lies, as a wife, I was automatically expected to tell.)
#6. He's a man for whom chewing is a form of thinking.
#7. Soon you'll regret all that sun-tanning. Your face will look like a testicle.
#8. But in life, a tragedy is not one long scream. It includes everything that led up to it. Hour after trivial hour, day after day, year after year, and the the sudden moment
#9. No flowers without shit.


Thursday, 12 April 2012

Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei

I libri di cucina ci sono sempre stati. Eppure nel fare un giro in libreria oggi dopo tanto tempo, noto un forte incremento della sezione. Ormai non ci sono più i vecchi format, quasi del tutto sostituiti da chef-star o conduttori di programmi di cucina. Fioccano le Antonelle Clerici, le Benedette Parodi e libri di chef di cui non so nulla accanto invece allo stra-noto - almeno per chi si diletta in cucina - Jamie Oliver. Ognuno dice la sua, e ognuno sembra avere acquisito il diritto ad essere pubblicato.
Per chi non ama leggere di cucina, abbondano poi i programmi sulla cucina. Tralasciando le Antonelle Clerici e Benedette Parodi di cui sopra, ecco la tv popolarsi di sfide all'ultimo fornello (come Fuori Menu, che ho scoperto ieri) e anche serie tv che ruotano intorno alla cucina e ai suoi segreti (v. Benvenuti a Tavola).
L'argomento è esploso, dilaga, almeno ai miei occhi che capitano in Italia solo poche volte l'anno. Io me lo spiego in maniera molto semplice, "di pancia": la crisi c'è, ancora, e si fa sentire. Ma mangiare, lo sappiamo fin dalle scuole elementari, è uno dei bisogni primari dell'uomo e della donna. E mangiare si mangia pure in tempi di crisi. E allora che male c'è a tornare ad uno di quei bisogni primordiali ed abbuffarsene, in tutte le salse, in tutte le cotture, farne sfogo, gioco, gara, piacere e lavoro insieme? Almeno la tassa sulla ricetta nessuno ha ancora pensato a metterla.

Saturday, 17 March 2012

La Cina in Dieci Parole (2)

Alla fine ho trovato il biglietto per andare a sentire la presentazione di Yu Hua, che all'epoca del mio primo post sull'argomento sembrava un'impresa impossibile. Tante erano le richieste che il Bookworm ha dovuto aggiungere una serata rispetto all'unica inizialmente in programma.
Saletta piena, pubblico per 3/4 occidentale. Yu Hua, la moderatrice cinese e l'interprete americano al tavolo di fronte agli astanti, pieni di aspettativa. Il dibattito si concentra sulla genesi del libro e sul come e perche' non sia stato pubblicato in Cina: in realta', spiega Yu Hua, gli editori cinesi gli hanno fatto la corte a patto che emendasse alcuni passaggi poco graditi al governo cinese (i riferimenti alla primavera del 1989 e gli eventi di Piazza Tiananmen). Il suo rifiuto nasce dal calcolo molto semplice di volere comunque assicurarsi di poter pubblicare il suo prossimo libro in Cina.
Come dice l'amico con me alla presentazione, sembra tutto orchestrato per offrire al pubblico (prevalentemente occidentale, ripeto) proprio cio' che vogliamo sentirci dire, senza lasciare poi troppo spazio alle domande, non si sa se per reali questioni di tempo o se per frenare un eventuale dibattito - che non decolla per niente.
Io ho riconfermato la mia idea su questo libretto di piacevole ed interessante lettura: e', almeno in parte, una trovata pubblicitaria, che servira' proprio da trampolino per vendere di piu' la prossima opera di Yu Hua.
Lo scrittore e' simpatico e ironico nel parlare quanto lo e' nello scrivere, ma non e' certo uno sprovveduto: sa come muoversi, cosa dire e soprattutto quando dirlo. E' un buon impresario di se stesso - al pari di George Clooney che in queste ore si e' fatto arrestare, ma sempre con un obiettivo ben calcolato in mente.
Che dire? Sono finiti i tempi di Oscar Wilde...
 

Sunday, 19 February 2012

La Cina in Dieci Parole

More about China in Ten Words

Ne hanno parlato un po' tutti, il New York Times, il Time, anche Federico Rampini l'altro giorno sulle pagine del Venerdi' di Repubblica.
E' un libricino di 240 pagine scritto dal noto autore Yu Hua, piu' famoso per i suoi romanzi dai toni grotteschi che parlano di corruzione dilagante e capitalismo imperante nella Cina di oggi. Questo e' invece un saggio/memoria del suo passato, che ruota  intorno a 10 parole che l'autore ha selezionato per descrivere quello che pensa della Cina odierna attraverso i suoi ricordi di Mao, di Tiananmen e della Rivoluzione Culturale. I ricordi dell'autore hanno un tono dolce-amaro (dolce perche' ricordi di ragazzo, amaro perche' in fondo, se anche le cose sono cambiate nella facciata, non sono migliorate) e sono infarciti dagli stessi toni grotteschi che caratterizzano la produzione romanzesca di Yu Hua, rendendolo comunque una lettura piacevole, leggera nella forma ma non certo nel contenuto.Per certi aspetti, ricorda Beijing Coma, senza comunicare quel senso di oppressione costante.
Il libro e' censurato in Cina, e considerato che il primo capitolo parla molto diffusamente dei famosi fatti di Piazza Tiananmen non penso nessuno si aspettasse altro. F. Rampini nel suo articolo pone un forte accento sull'aspetto censura e non so quanto a proposito. Non va dimenticato che fu proprio la censura di To Live/Vivere nella versione cinematografica di Zhang Yimou a rendere Yu Hua cosi' famoso in patria e all'estero. D'altronde, Yu Hua parlera' pubblicamente del suo libro a Pechino i prossimi 11 e 14 marzo  al Festival Letterario che un piccolo ma ben avviato caffe' letterario (Bookworm) ospita ormai da qualche anno nella Capitale. Peccato che i biglietti per partecipare siano  tutti sold out gia' da giorni:  sarebbe di sicuro interessante ascoltare la presentazione e vedere chi e' il pubblico.
Anch'io come Yu Hua devo quindi fare autocritica per non essermi decisa in tempo... the early bird catches the worm.

Friday, 3 February 2012

Morbo di....?





Ho scoperto di avere un nuovo morbo che ho teorizzato solo in questi giorni di inattivita' fisico-mentale. Nel mio delirio di consumata lettrice, ho una forte attrazione per i libri cicciuti, di spessore fisico piu' che intellettivo.  Un libro ha solo 100 pagine? Non mi attira. Comincia a creare attrazione se supera 300 ed e' attrazione sicura se viaggia su 500. Oltre 600, e' amore.
Ho scoperto quindi che dovrei assolutamente leggere in questa vita A suitable boy di tale Seth Vikram, per poi buttarmi su Il Visconte di Bragelonne di Dumas padre e passare dalla Francia alla Russia con Guerra e Pace (ok, l'ho gia' letto, ma sono passati 20 anni, potrei ridargli una botta), per tornare in Austria e prendere un assaggio de L'uomo senza qualita' di Musil. Nel giro di libri sovrappeso, dovrei poi includere Infinite Jest di David Foster Wallace, Atlas Shrugged di Ayn Rand e - confesso - non ho mai avuto il coraggio di affrontare il Joyce di Finnegans Wake e l'Ulisse. Nessuna delle fonti che ho brevemente consultato per trovare queste indicazioni cita pero' i capolavori di lunghezza della letteratura cinese come Il Sogno della Camera Rossa. E qui mi fermo nella mia elencazione. Anche solo mettere i titoli di cotante pagine nero su bianco ha prodotto un effetto calmante.