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Sunday 29 March 2020

Premio Strega 2020: Giovanissimi - di Alessio Forgione


Giovanissimi e' ambientato nella periferia di Napoli di fine anni Novanta. Ci sono i motorini Zip, il film Titanic e' uscito da poco e ci sono ancora le lire.
Il titolo prende spunto da una delle categorie calcistiche del settore giovanile, i giovanissimi appunto. Ma fa anche riferimento all'essere adolescente, tremendamente giovane e quindi pieno di inesperienza.

Marco Pane ha infatti quattordici anni e nessuno lo chiama per nome. Come d'uso, ha un soprannome, Marocco, a causa dei capelli ricci e scuri - perfino il padre una volta lo ha chiamato Marocco.
E' un quattordicenne come tanti: va al calcio, spronato dal padre e dal mister; va a scuola, dove ottiene la licenza media nella speranza di avere il motorino - ma quando la promessa paterna non viene mantenuta, cominciano i problemi a scuola e gli espedienti per raccogliere soldi e comprarselo da solo; vede gli amici, con cui parla di sesso e fuma. Non c'e' un momento della giornata in cui il pensiero della madre, che se ne e' andata da 5 anni senza piu’ dare notizie, non si sovrapponga a quello che sta facendo, a quello che sta pensando. E' questo pensiero a riempirlo a tratti di rabbia, di rassegnazione, di dubbi e domande senza risposta. Ed e' solo l'incontro con una ragazza, Serena, a spalancargli scenari futuri che non sembravano possibili.

Come dice l'autore, e' un libro di prime volte perché l’adolescenza e’ cosi’: la prima bocciatura, il primo provino importante nel calcio, il primo anno di liceo, il primo bacio, il primo motorino, la prima esperienza di spaccio, il primo cadavere. Ed è un libro di formazione, di speranze negate e poi riaccese, di possibilità, di scelte. Lasciato a Marocco il compito di riassumere la propria vita, ne esce che

Mancava poco alla fine del campionato e galleggiavamo appena sopra la meta’ della classifica. Mia madre mi aveva abbandonato, lasciandomi con mio padre. Un mese e mezzo e sarei stato bocciato per la prima volta ed ero molto piu’ che vergine e forse qualcuno stava pensando a come uccidermi. Mi sembro’ che mi servisse qualcosa di ben piu’ potente di un coltello.

Non da ultimo, e’ un libro di fantasmi. Quello della madre che aleggia nei sogni notturni e diurni di Marocco. E quelli di cui legge con interesse nei suoi giornaletti. Il finale, amaro e volutamente ambiguo, strizza l’occhio proprio ai fantasmi.

L’ambientazione napoletana, per quanto caratterizzata, nulla toglie al carattere universale di questa periferia. Chiunque sia stato adolescente in una periferia italiana si riconoscerà in alcuni dei passaggi del libro. L’uso dei soprannomi che fanno quasi dimenticare i nomi veri, il calcio ovunque, l’importanza di avere un motorino… Il tutto condito da uno stile preciso e asciutto, specchio della forma mentis di Marocco, narratore in prima persona. Anche dal punto di vista espressivo si sottolinea cosi’ il suo processo formativo.
All'inizio, infatti, prevale uno stile paratattico, caratterizzato
(1) dall'uso indistinto della congiunzione più semplice, la “e”, usata per qualsiasi connessione logica:
Ci mise sopra una grossa quantità di parmigiano. “Per coprire il sapore” disse e venne l’ora e andammo nel mercatino rionale…La domenica, nello stesso posto, c’era un mercatino molto più grande e Lunno aveva gia’ sedici anni, due piu’ di me. E non andava a scuola e il padre era un ubriacone. (...)
(...) Marco parlava e parlava e basta, a ruota libera, come se esistesse solo lui, e se qualcuno s’offendeva o ci restava male a lui non importava e aveva anche le guance ricoperte di brufoli.(2) dalla colloquialità dei tempi verbali:
Immaginai che uscivo dal portone del palazzo e la vedevo
(3)  dalla ritrosia ad espandere i pensieri:
Gioiello arrivò e fermò il motorino. Il Mister incrocio’ le braccia, perché era contrario a cose del genere, e cioè ai ritardi, ai motorini e anche a tutto il resto.

È solo dopo l’incontro con Serena che lo stile si fa più riflessivo, più complesso e articolato perché Marocco e’ cambiato, sta cambiando:

Ci avvicinammo come se stessimo ingoiando quella scena, come se ci stesse infilzando gli occhi, ma quando ci passammo davanti scomparve in un istante. Pensai che ci voleva molto per arrivare a fare le cose e che ci voleva un attimo per vederle finire.

Un romanzo profondo, che in poche pagine dipinge un’età, con le sue debolezze, i dubbi, le paure e i suoi fantasmi. E che non si lascia tentare dal lieto fine - anche se per Marocco forse lo avremmo desiderato. 
Semifinalista al Premio Strega 2020, ha le carte in regola per accedere alla cinquina finale. 

Tuesday 24 March 2020

Il fantasma dei fatti - di Bruno Arpaia

Incuriosita dalla pubblicità fatta al libro, ne ho preso in prestito una copia tramite il servizio MLOL. Mi aspettavo un romanzo e invece mi sono trovata di fronte ad un saggio storico con elementi da romanzo di spionaggio e parti autobiografiche. Non conoscendo l'autore, Bruno Arpaia, non ho fatto quasi caso alla narrazione in prima persona, dimenticando per un attimo che tale narratore e' "inaffidabile" per eccellenza.

Il fantasma dei fatti (Guanda, 2020)

Nel romanzo due sono le tesi, o meglio le domande cui dare una risposta.
La prima e' testuale. Ci fu o non ci fu un complotto internazionale tra gli anni 1961-1963 in Italia per privare il paese di avanzamento tecnologico e scientifico?
Attraverso l'analisi delle fonti e un po' di gioco a connettere i puntini, il narratore cerca di delineare i fatti di quegli anni: la morte di Mattei (ENI), l'incidente stradale di Mario Tchou (Olivetti), gli arresti di Felice Ippolito (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare) e Domenico Marotta (Istituto Superiore della Sanita'). Le linee che connettono i puntini sono spesso del tutto razionali ma giocate sul sottile filo delle coincidenze, della plausibilità, del non poter sapere in realtà come andarono davvero le cose. E cosi', ecco spuntare la figura sfuggente di Tom Karamessines, vice direttore del dipartimento della pianificazione della CIA, di cui Arpaia immagina gli ultimi due giorni di vita. E' lui la figura-chiave per risolvere i lati oscuri di quelle vicende?
La seconda tesi e' metatestuale. Dove finisce la finzione e comincia la realtà? Dove termina l'autore e dove inizia il narratore - che guarda un po', si chiamano entrambi Bruno Arpaia? Di chi e' la voce che risponde alla prima domanda? Se poi e' facile verificare che davvero ha lavorato e lavora per La Repubblica, e traduce e ha scritto questo e quel libro, e' vero che qualcuno e' entrato nel computer di Arpaia o che ha incontrato un ex agente CIA a Colonia in Uruguay? Inverosimile? Dipende, di quale Bruno stiamo parlando?
Ci si accorge allora che il narratore, dopo averci addomesticato e condotto per mano ci ha in realtà preso (forse) in giro, confuso se non illuso.
E la domanda rimane, senza risposta: dove finisce la finzione e comincia la realtà?

Il romanzo non e' pero' esente da alcuni difetti. Arpaia mette molta carne al fuoco e a volte ci si chiede dove stia andando a parare. Si vede che lui conosce bene la materia, ma magari il lettore medio (io) e' più ignorante. La fine e' poi un po' frettolosa, anche se la nota conclusiva strappa il sorriso definitivo per avere partecipato, inconsapevoli, al suo gioco.

Uscito in un momento infelice, il giocare con le teorie complottistiche del romanzo potrebbe essere in realtà la sua fortuna. Di complotti si parla molto in questi giorni, proprio in tema di coronavirus. E qui il complotto e' servito.

Thursday 19 March 2020

Cosi' in terra - di Davide Enia

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In tanti hanno puntato sulla boxe, specie al cinema. E hanno vinto, creando storie coinvolgenti, perfino leggendarie, nonostante sia difficile - in astratto - pensare che due uomini in mutandoni che si prendono a pugni tra schizzi di sangue e sudore possano davvero interessare a qualcuno.

Davide Enia punta sullo stesso sport e vince con il suo Cosi' in terra.
Forse perché ne usa la tecnica. Saltella di qui e di là, spostandosi tra paragrafi come fossero gli angoli del ring, cambia in continuazione prospettiva, disorienta il lettore trattandolo da avversario che fa fatica a stargli dietro ma anche a non stargli dietro e - destro sinistro - colpisce, va a segno. 
Davide/Davidu' e' il protagonista di questo romanzo, insieme saga famigliare e romanzo di formazione.
Attraverso gli occhi di Davide ripercorriamo le vite degli uomini della sua famiglia: il nonno Rosario, silenzioso superstite della campagna d'Africa che ha scoperto la boxe da soldato; lo zio Umbertino, monumentale, con due passioni che riesce a portare avanti come una cosa unica - il pugilato e le "pulle"; e infine il padre Francesco, detto il Paladino, il cavaliere dall'armatura lucente che Davide non ha mai potuto conoscere.
Non e' di famiglia, ma quasi, Gerruso, l'amico meno cool che ci si possa immaginare per uno come Davide. Ma e' un'anima buona, un amico sincero, strappa sempre un sorriso - anche quando il dolore di fondo sembra essere insormontabile.
Una storia al maschile, quindi. Enia scrive di uomini, di tutte le età, senza lasciarsi prendere dalla mania di scrivere di donne. Non che le donne manchino. Sono personaggi minori ma fondamentali - la nonna Provvidenza, la mamma Zina e le prostitute che popolano Palermo, l'Africa, i racconti di zio Umbertino. Ma Enia non ha la presunzione di interpretarle.
Romanzo di formazione, anche, poiché segue la vita di Davide nell'arco di otto anni, dai 9 ai 17. Sono gli anni della sua formazione sportiva, scolastica e sentimentale. Impara "il gioco di gambe della Buttana", mossa che si rivelerà fondamentale sul ring; impara il latino e l'importanza della correttezza grammaticale e lessicale dalla nonna; impara che a volte, per affetto, è meglio una bugia bianca ad una verità.
Affatto secondaria la scrittura di Enia. Ne ho già parlato per la costruzione a "incontro di pugilato", ma non può mancare la menzione del siciliano, utilizzato come lingua veicolare accanto  all'italiano. A volte difficile da capire - non è il linguaggio inventato di Camilleri, ma palermitano puro -, spesso sottolinea passaggi che strapperanno il sorriso. Ma non lasciatevi ingannare, non è sempre così. Alcune scene sono tutt'altro che divertenti, perché legate ad episodi storici tragici e a dettagli meno noti, ma non per questo meno tragici, della nostra storia.
Non bisogna essere per forza Camilleri per essere un buon autore siciliano.


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Sunday 15 March 2020

Mangino brioche - esubero di lievito madre

Il mio lievito madre (Augusto) ha circa 10 anni di vita. L'ho cresciuto amorevolmente da zero ed e' un po' come uno di casa.
In questi giorni di COVID-19, tutti si dilettano in cucina e qualcuno mi ha chiesto una costola di Augusto per provare a sperimentare  durante la reclusione.
Io stessa ho cominciato a panificare usando l'esubero di lievito che andrebbe se no inutilizzato prima del rinfresco. Avevo già sperimentato la sua potenza con le piadine, e sono rimasta molto soddisfatta dei risultati anche col pane. Ieri ho quindi deciso di sperimentare anche qualcosa per la colazione, e ho trovato qui una ricetta per le brioche.
Non seguo mai fedelmente le ricette e anche in questo caso ho apportato qualche modifica. Innanzitutto, niente farina Manitoba. Se sappiamo cucinare, la farina che abbiamo in casa andrà benissimo. Se non sappiamo neppure rompere un uovo, la farina Manitoba o qualsiasi altra farina non farà il miracolo.
Poi, io non ho la planetaria e tanto meno il gancio per il pane. Un semplice mixer, nel caso non abbiate tanta voglia di impastare a mano, andrà benissimo, proprio come per la frolla e la brisee.
Al termine della prima lievitazione, l'impasto era giallo ed elastico ed e' stato molto facile realizzare la forma del croissant. Attenzione, del croissant hanno solo la forma e non sapore e consistenza. Con le dosi della ricetta si ottengono circa 12 brioche.
Dopo la prima lievitazione




Stamattina, tolte dal forno spento in cui hanno trascorso la notte, avevano aumentato considerevolmente il volume.




Dopo la nottata




E quindi di nuovo in forno, gia' caldo (170 gradi) per 20 minuti. Uscite da li', ecco la mia colazione stamattina:



Saturday 14 March 2020

Big Sister, Red Sister, Little Sister - di Jung Chang

Conosciuta in Italia soprattutto per il bestseller autobiografico Cigni selvatici, Jung Chang ha continuato la sua carriera di scrittrice nel campo delle biografie storiche di grandi personaggi che hanno fatto la Cina moderna e contemporanea.
Partita dall'imperatrice Cixi, passando per Mao Zedong, Jung Chang pensava di concludere la sua trilogia storica con un ritratto di Sun Yat-sen, il padre fondatore della Cina. Il libro si e' poi evoluto in una dedica alle tre sorelle Soong (Ailing, Qingling e Meiling), tre donne la cui immagine ha chiaramente affascinato Jung Chang - e i cui destini si intrecciarono strettamente con quello di Sun Yat-sen prima e Chiang Kai-shek e Mao Zedong dopo.
Molti capitoli sono inevitabilmente dedicati sia a Sun che a Chiang, a causa dei loro matrimoni con Qing Ling (la Red Sister del titolo) e Meiling (la Little Sister e la prima first lady di Cina).
Lo stile secco e senza fronzoli, il riportare fatti e citazioni da lettere e diari, e' quasi annalistico, ma mai noioso. Per quanto affascinata dalle tre sorelle, Jung Chang non manca mai di riferire con distacco emotivo tutto ciò che le riguarda, dipingendone un ritratto a tutto tondo, con luci e ombre.
Se Ailing era devotissima a Dio, era anche devotissima alla sua famiglia per la quale avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche "rubare" - il che, nel suo caso, corrispondeva a fare la cresta su entrate e uscite dello stato, per il quale il suo ricco marito HH Kung fu ministro delle finanze e primo ministro.
Qingling aveva ideali molto forti, ma allo stesso tempo non avrebbe mai rinunciato al titolo di Madame Sun, il titolo che le forniva prestigio e protezione e che divenne ben piu' importante del rapporto con le sue sorelle e di ogni altra relazione affettiva.
Meiling, infine, era un poco frivola e spensierata, amante degli agi. Ma quando il suo ruolo lo richiese, non esito' a girare ospedali, orfanotrofi e accampamenti, sotto i bombardamenti giapponesi, a rischio della vita.
Corredato da ampia documentazione fotografica, il libro e' un modo intenso e coinvolgente di avvicinarsi a quelle che furono le prime vere donne moderne della Cina. Nell'immaginario popolare, rimangono donne avvenenti. Ma il loro fascino non era fisico. Era un misto di eleganza, savoir-faire, intelligenza e scaltrezza. Affascinarono cosi' non solo i loro mariti, ma fior fiore di politici e militari dell'epoca. Meiling sapeva parlare al Congresso statunitense come a Winston Churchill, mentre Chiang Kai-shek prestava sempre un orecchio attento ai consigli di Ailing e Stilwell provava una innata simpatia per Qingling.
Molte le risorse disponibili per approfondimenti sulle sorelle Soong - perche' il libro ha un merito importante, cioe' stimolare la curiosita'. Tra queste risorse, spicca il film storico The Soong Sisters (Hong Kong, 1997) e il video su Madam Chiang Kai-shek (Meiling).

Locandina del film The Soong Sisters (Hong Kong, 1997)

Friday 6 March 2020

Writers&Lovers - di Lily King


Writers & Lovers di Lily King e' gia' un successo editoriale negli Stati Uniti, dove e' pubblicato da Grove Atlantic.

La voce narrante appartiene alla trentunenne Casey Peabody, cameriera per lavoro e scrittrice per passione. Tutti i suoi amici che volevano intraprendere la carriera di scrittore si sono gia' arresi e sono spariti dalla circolazione. Molti si sono gia' sposati, come sembra essere nell’ordine naturale delle cose.

Ma Casey non e' una che molla. E non e' neanche una la cui vita segua un percorso naturale. Nonostante le avversità - la recente morte dell'amatissima madre, l'abbandono senza una parola da parte del fidanzato-poeta, i debiti che crescono invece che calare, i problemi di salute e i rifiuti delle case editrici - continua a scrivere il suo romanzo, a pedalare sulla sua bicicletta e, in barba alle tante promesse fatte a se stessa, si innamora ancora. Non di uno, ma di due uomini. Casey non si fa mancare davvero nulla.

Il personaggio creato da Lily King e' una ragazza con un passato e un presente difficili, sofferente, ma anche con un bel senso dell'umorismo, accattivante. Soprattutto, prima ancora di essere una scrittrice, e' una lettrice. Una in cui ci possiamo rispecchiare con facilita' quando entra in librerie e biblioteche, e tocca con piacere quasi fisico le copertine, da cui trae energia e rassicurazione, e presto dimentica il perche' sia in quel certo posto, presa dalle infinite possibilità che quelle file di libri portano in se'. Suona deja-vu? 😉

Non stupisce che Casey si innamori di due scrittori: Oscar, che ha gia' un discreto seguito e ha gia' una vita alle spalle (vedovo, due bambini) e Silas, piu' giovane e ancora inedito, piu' acerbo ma sensibile. Chi scegliera'? Certo un peso lo avranno i libri dei due perche' - Casey lo sa - e' impossibile non fare un collegamento tra cio' che scrivono e cio' che sono.

Il libro ha uno stile incalzante, ma al contempo delicato, come delicata e' Casey, senza pero' essere fragile. C'e' tutto cio' che puo' piacere ad un pubblico americano: e' un romanzo di formazione, con un suo lieto fine (e chi non vorrebbe un lieto fine per Casey?) e una protagonista che incarna la "resilienza", parola oggi molto amata negli Stati Uniti e divenuta di moda anche in Italia.

L'augurio e' di vederlo presto tradotto anche in italiano.