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Wednesday 17 June 2020

I cerchi nell'acqua - di Alessandro Robecchi

Diciamoci la verita'. Le serie a volte sono un tormento, proprio perche'  se non le si comincia dall'inizio e non le si segue religiosamente si perdono pezzi, episodi, evoluzioni. E poi e' ancor peggio se arriva quel momento in cui la serie comincia a perdere il proprio slancio vitale e allora son dolori. Come venire delusi da un amante di lunga data.
In parte e' per questo che non credo che Carofiglio possa vincere il Premio Strega 2020, nonostante la sua indiscussa popolarita'. Il suo La misura del tempo e' un episodio di una serie, e si sente. Senza gli episodi precedenti, ho sentito di non poterlo capire fino in fondo.

Ecco, con I cerchi nell'acqua di Alessandro Robecchi non mi e' successo. Ho letto questo episodio senza percepire la mancanza di quel "qualcosa".

I cerchi nell'acqua di Alessandro Robecchi
scuderia Sellerio


Il sovrintendete Tarcisio Ghezzi, seduto comodo in poltrona, racconta a Carlo Monterossi, relegato alla parte di puro ascoltatore (negli altri episodi e' il protagonista), tre filoni di indagine. Quella che ha seguito lui stesso, in via del tutto personale, e che consiste solo nel cercare un piccolo delinquente di cui la compagna Franca - vecchia prostituta - non ha piu' notizie.  Quella che ha seguito il suo partner sul lavoro, il Carella, anche lui in via del tutto personale, e che consiste in voler vendicare chi non può piu' farlo da solo. E quella che invece sta seguendo, finalmente in via del tutto ufficiale, la polizia:  la morte violenta di un noto antiquario restauratore di Milano.
Cosi', anche noi lettori, spettatori al pari di Monterossi, siamo costretti ad aspettare, seguendo i ritmi della narrazione del Ghezzi, fino a quando finalmente i cerchi nell'acqua cominciano ad intrecciarsi. E intanto ci ritroviamo fra poliziotti stanchi di fare sempre la cosa giusta (che qual e', poi, questa cosa giusta?), prostitute ammazzate di botte e la povera Rosa Ghezzi che ambisce solo ad avere una lavatrice nuova, mentre Milano scorre di giorno e di notte, con i suoi Navigli e le sue periferie.
Una cosa hanno in comune Robecchi e la generazione di scrittori di gialli e noir italiani cosi' popolari in questo momento. Sembrano essere stanchi - o quanto meno i loro personaggi sembrano essere avviati ad una stagione autunnale di mestizia e stanchezza:
Sono tutti stanchi, pensa ora Ghezzi. Gregori e' stanco, la Franca e' stanca, della sua vita e delle sue marchette. E' stanco anche il Salina, ci scommetterebbe, e lui e' stanco di cercarlo. Il paese e' stanco, spossato dall'attesa di cose che non verranno mai. E' quello che si dice sempre come massima ambizione, come orizzonte di speranza: una vita normale, un paese normale... non arriva mai, e intanto si aspetta, si sgrana il rosario delle giornate. E' un'attesa che sfianca, l'attesa di cosa, poi?

Forse Robecchi&company sono davvero specchio della nostra societa'. Stanca, spossata, in attesa di cosa non si sa. Ma tanto, anche a saperlo, non arriva mai.

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