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Wednesday, 9 June 2021

Noir: Venere Privata di Giorgio Scerbanenco

Giorgio Scerbanenco, di origine ucraina per parte paterna, e' considerato uno dei creatori del noir italiano. 

E' il padre, per ben quattro dei suoi romanzi, di Duca Lamberti, professione medico. O meglio, lo era prima di essere radiato e aver scontato 3 anni di carcere. Ed e' dopo il carcere che lo si incontra per la prima volta, in Brianza, fuori da una villa, in Venere Privata (1966).

Sembra vecchio e introverso, Duca, al limite dello spettro dell'autismo mentre conta i sassi. In realtà, più si avanza nella narrazione e più ci si rende conto che è probabilmente piu' giovane di quanto non sembri: intelligente ed intuitivo, arrabbiato con il mondo per tutti i giusti motivi.

Il suo primo lavoro fuori dal carcere ha un che di strano: fare da balia ad un giovane alcolizzato, su mandato del padre, un ricco industriale milanese. Ma le caratteristiche del problema di Davide non convincono Duca. L'ex medico crea uno strano rapporto di dipendenza e fiducia con il suo paziente, scoprendone cosi' il segreto, annidato nelle pieghe dell'anima. E' questo segreto che porta Duca ad una indagine più concreta, in collaborazione con il dr. Carrua (attenzione, ci bacchetta dopo qualche pagina Carrua stesso: l'accento e' sulla prima a, non sulla u!), un ex collega del padre poliziotto morto di crepacuore, che rivelerà i tentacoli di un traffico internazionale.

Un noir dai toni davvero scuri, in cui non si risparmiano calci, pugni e torture, tra macchine bellissime, inseguimenti, sigarette e whisky. Se Duca e' il bullo, di certo non manca pure qualche pupa a completare il quadro.

Sullo sfondo, la Brianza e una torrida Milano "in quei giorni di agosto la metropoli non era giudicata piu' abitabile da un gran numero di cittadini che, chi sa perché, la trovavano abitabilissima con la nebbia, lo smog e la neve."

Mentre la trama e' coinvolgente, la scrittura piacevole e il personaggio di Duca ben riuscito, lascia invece a bocca aperta la valutazione gratuita - e tutt'altro che indispensabile - dell'autore sull'omosessualita'. Diciamoci la verita': sara' pure un romanzo figlio del suo tempo, ma non capita spesso un tale e rabbioso accanimento contro un personaggio (tra l'altro secondario) solo per il fatto che e' omosessuale. Capita talmente poco che per me e' la prima volta. 

Ho premesso all'inizio che Scerbanenco era di padre ucraino. Non ebbe mai un buon rapporto con la sua parte non italiana: per lui non essere considerato italiano era fonte di forte disagio. Essere magari emarginato o trattato diversamente perche' straniero, gli potrebbe avere creato qualche "reazione", come la ricerca di qualcuno da emarginare a sua volta. Perche' non gli omosessuali, o magari i disabili (pare ce l'avesse anche con loro)?

Non sara' per questo che non leggero' piu' i suoi libri: quel che e' fatto e' fatto. Ma sembra giusto segnalarlo: qualcuno potrebbe non gradire. 

Venere Privata di Giorgio Scerbanenco, ed. Garzanti


 Curiosita': il film Il caso "Venere Privata" (1970) vede una giovane e nerissima Raffaella Carra' nella parte di Alberta  Radelli

Sunday, 9 May 2021

Premio Strega 2021: Cara Pace di Lisa Ginzburg

Cara Pace è un gioco di parole. E' il "carapace", la corazza che si ha per proteggersi dall'esterno, quello scudo impenetrabile che permette di restare nella "cara pace". Come Maddalena, che - per difendersi dagli attacchi della vita - sceglie di fare come la sua tartaruga, rifugiandosi nella sua corazza. 
Attraverso la narrazione in prima persona, Maddalena/Maddi racconta la sua infanzia con la sorella minore Nina, un'infanzia fuori dal normale, di due "orfane" con i genitori in vita. Decisamente un ménage familiare alternativo, che segna profondamente le vite delle due bambine, poi adolescenti e donne. 
Non si fa fatica a ritrovarsi nella voce di Maddalena, specie se si ha avuto un rapporto di sorellanza. Il legame a volte viscerale che si stabilisce con la sorella è comprensibile e risuona di cose che molti di noi hanno probabilmente vissuto. E chi una sorella di sangue non l'ha mai avuta, magari sa comunque di cosa Maddalena parla per avere avuto un'amica-sorella. 
Un romanzo delicato, come la voce della narratrice, e molto al femminile. Women's fiction è il genere in cui si incasella facilmente, un "romanzo al femminile" non solo perché le protagoniste sono donne ma anche perché è scritto e presentato avendo in mente le lettrici più che lettor* universal*. 
Come in ogni romanzo che si rispetti, ci deve essere una evoluzione dei personaggi. Qui il faro è puntato su Maddalena, che in qualche modo da quel carapace dovrà uscire, mettendosi per una volta in gioco. Essendo voce narrante, le è facile farci credere che la sua vita le sta bene cosi' come è: il marito Pierre, perfetto; i due figli, comme il faut; il rapporto a distanza con Nina, forte come se fosse in presenza; Parigi che non riesce ad amare, ma che riesce a conoscere a passo di marcia... 
Sorprende un po' il finale, quindi, grazie alla bravura di Maddi nell'arte del depistaggio. Uscire dal carapace è un tipo di evoluzione letteraria che spesso si incontra nei romanzi. Peccato che sia spesso identificato con una esperienza sessuale ( neppure sentimentale) travolgente, che ormai ha un sapore un poco scontato e insipido.
Runner up per la cinquina? Non credo che un romanzo che taglia fuori una meta' del cielo sia adatto a vincere il Premio Strega, ma non conoscendo la percentuale di lettori e lettrici della giuria meglio non sbilanciarsi.

Cara pace di Lisa Ginzburg, Ponte alle Grazie


 


Saturday, 1 May 2021

Premio Strega 2021: Il pane perduto di Edith Bruck

Il mio amico Atticus (sì, è un nickname) dice che quando legge un romanzo non gli interessa la vita dell'autore, chi è, cosa ha fatto e in che modo la sua vita ne informa i  romanzi. Il romanzo o è bello o non lo è. E non sarà il sapere cosa ci sta dietro a renderlo più o meno fruibile. 
Edith Bruck, alla soglia dei suoi 90 anni, decide di prendere, con fatica, carta e penna, sfidando i problemi alla vista, per ripercorrere ancora una volta la storia della sua vita. Parte raccontando, con distacco, in terza persona, guardando alla sé piccola, nel suo villaggio in Ungheria, mentre cresce il sospetto e l'odio nei confronti degli ebrei. 
Spazientisce per quell'uso universale dell' imperfetto narrativo, che genera confusione temporale, ci si chiede per quanto ancora si dovrà aspettare - se andare avanti, conoscendo la sua vita trascorsa, la sua età o lasciar perdere. Ma neanche Atticus lascerebbe perdere. 
Ad un certo punto, cade la finzione del romanzo, e comincia a fare capolino, lentamente, un noi: I due gendarmi a Ditke sembravano più grandi, enormi, facevano grasse risate, riempivano il vano della porta, mentre noi ci rimpicciolivamo. Il "noi" a poco a poco si trasforma in un "io" sempre più definito e vocale. Il registro cambia, la voce si fa più salda, sicura, meno... imperfetta.
Il romanzo diventa memoria a tutti gli effetti,  una memoria che accarezza i dettagli in punta di ali. Non si sofferma gran che su nulla, la signora Bruck, sa che non c'è tempo per farlo. Ma non sfugge che, ancor più degli orrori dei campi di concentramento, pesa su di lei il rifiuto degli altri, il non voler vedere, credere, ascoltare, accettare. 
Per questo chiede a Dio di lasciarle la sua memoria, il suo pane quotidiano (cit.), da spartire con i giovani che ancora incontra in scuole e aule universitarie.
Un libro che invita alla riflessione, cui anche io - sempre puntigliosa nel giudicare l'uso della lingua in ciò che leggo - perdono certe scelte di stile (in origine avevo scritto difetti),   accettando di ricondurle ad un modo dell'essere, una certa stagione della vita, un ritorno della mente alla lingua materna.
Se ho indicato in Adorazione un buon candidato al Premio Strega Giovani, Il pane perduto si (auto)candida fortemente alla sezione Giovani, per vocazione, per esplicita indicazione della signora Bruck. E sarebbe un passaggio della torcia ideale, dopo la bella e meritata vittoria di Daniele Mencarelli nel 2020: da uno scrittore giovane che racconta l'inferno privato della mente e che scrive poesie per esorcizzare i suoi demoni, a una signora in là nelle stagioni della vita, che racconta un inferno collettivo, un passato che va onorato per migliorare e orientare il futuro, e che può concedersi il lusso di scrivere direttamente a Dio. 

Friday, 23 April 2021

Premio Strega 2021: Adorazione di Alice Urciuolo

Il romanzo di Alice Urciuolo racconta la quieta vita della provincia italiana. Ma come ogni provincia che si rispetti, sotto la quiete si agitano correnti di violenze, tradimenti, sesso e un uso smodato dei social.

I protagonisti sono un gruppo di ragazzi di Pontinia, in provincia di Latina, che passano insieme l'estate - una di quelle estati della vita dopo cui si può dire che nulla sarà più come prima. Romanzo YA, in cui non manca l'elemento (trendy) LGBT - messo lì un po' così, sparato nel mezzo alla bell'e meglio.

Non mi addentro maggiormente nella trama, che comunque "si fa leggere". Che è a metà tra il complimento e la critica. Perché in effetti, ci sono alcuni problemi di stile e di costruzione che non passano inosservati, a meno che - ed è un modo di leggere - non si lasci perdere tutto per godersi solo la storia.

La scelta del Narratore onnisciente. In Adorazione, sappiamo sempre cosa pensano i nostri protagonisti. E' una narrazione perfetta per Jane Austen, Charles Dickens, Alexandre Dumas - intendo dire che è stupendamente datata e va saputa gestire. Da una scrittrice contemporanea, giovane (classe 1994), semifinalista del Premio Strega e presentata dall'ottimo Daniele Mencarelli, ci si aspetta uno sforzo in più, maggiore modernità. Non basta infilarci Instagram. Anche perché Instagram rivela solo quello che si vuole rivelare, non il tutto che rivela la voce narrante qui.

E proprio ad Instagram vorrei accennare. Una delle protagoniste, Diana, lo usa per rimorchiare ragazzi. Che va bene - ma non benissimo se non giunge mai il messaggio che possa essere pericoloso. Diana è fortunata, incontra sempre brave persone, le va sempre bene. Beata lei. Non che ci sia bisogno di bacchettare, ma neanche di far credere che su Instagram e altri social sia un parco di divertimenti, in cui passi dall'altalena allo scivolo senza mai cadere e farti male.

Comunque, dice bene Giorgio nel libro: (...) non si matura solo perché ti capitano le disgrazie, non è una cosa così automatica (...) - e Diana ne è la riprova.

Infine, c'è troppo sesso. Dopo un po' viene da chiedersi se questi ragazzi avessero qualche altra attività sociale. Quello che stranisce ancor di più, è che i genitori non si accorgano mai di nulla. A Pontinia succede di tutto, e loro o fanno finta di nulla o non se ne accorgono proprio. Generazione più allo sbando dei figli.

Mi rendo conto però che che sto leggendo il libro con il distacco e la distanza della mia età. Come dice la bella Vanessa vedendo Claudio alla cassa del ristorante dove lavora per l'estate: Probabilmente aveva quarantatré', quarantacinque anni, ma molto ben portati (...) In pratica, decrepito 😂


Proprio per questo, in chiave Premio Strega, potrebbe essere un buon candidato per la sezione Giovani. Prende il loro punto di vista, ne racconta le vite, le ansie, gli amori, la scoperta di se stessi (sì, lo scrivo senza l'accento sulla e, come mi insegnavano ai miei tempi. Alice Urciuolo è figlia del suo tempo, e lo scrive con l'accento, come insegna la grammatica contemporanea).

Fatico invece a vedere questo romanzo un concorrente di livello per la Di Pietrantonio, che pure racconta la provincia italiana. Con Borgo Sud siamo decisamente ad altri livelli, un'altra penna (io la definisco la Elizabeth Strout italiana). Ma questa è un'altra storia.

Adorazione di Alice Urciuolo, edito da 66thand2nd



Friday, 19 February 2021

Yoga teacher training. Pick yours!


It has been sometimes since I last talked about yoga on my blog. At that time, I was discovering Bikram and myself through it, learning patience, dedication and how my mental chatter would just go away with the practice, leaving me aware and connected.

Little did I know, then, that what I was experiencing had been described many centuries ago in what became the Yoga Sutras by Patanjali, a fundamental reading for those who are looking for a more comprehensive approach to yoga - apart from asana practice.

During the pandemic, I started practicing yoga  at home and I discovered and fell in love with Vinyasa. I came to long for those movements, connected with and guided by the breath. And while my practice became deeper, I felt I wanted to know more. 

What was it behind phrases and expressions used by my teachers? How could you explain yoga to others? How did my teachers know how to weave their beautiful enriching sequences? I had so many questions It was time to find the answer. 

That's how I started researching the web for yoga teacher trainings. I had several things on my mind on how my training should look like:

1. be completely available online;

2. be easy to follow and at my own pace;

3. be economically accessible.

I scanned the web for months, looking everywhere. I stopped looking for a while, filled with discomfort. Some offers were too expensive. Some requested some physical presence. Some had time limits I could not cope with. Until I bumped casually into this article, which led me to MyVinyasaPractice.

That's how I came to choose a yoga teacher training based in Austin, Texas while I am Italian and actually living in Beijing, China! MVP advertised their online teacher training as 100% online; promised a lot of tools to work with; referred to their community a lot; offered different types of payment and competitive prices.

It all pointed towards making that choice. After dropping an email to the founder of MVP, Michelle Young, I decided to dive into the experience. And see what it looked like under the promising facade.

Let's cut the suspense: I got all that I had been promised. And more. I discovered concepts that were new to my own background, like mindfulness, (self-) compassion, accessibility. And even if they never brag about it, I realized that MVP was an enterprise made by women - not only for women, though. In a world where it is usually "all men", leaving out all the other genders, it felt good to be led by them all, with their different voices, backgrounds, shapes, approaches - but always inclusive. Anybody can practice yoga, they keep saying - or, better, any body can. And they teach you how different bodies and different needs can actually approach yoga.

I found myself taking more and more from those lessons, on the mat and off the mat. I discovered I had different voices to talk through. My yoga voice, for example. I learned how to use words to express concepts that come from the Yoga Sutras, actually understanding them in a different way. I learned that there is not such a thing as a perfect shape for an asana - as there is no perfect body for yoga. I, too with my tight hamstrings and lower back pain can still pass my newly found knowledge about yoga onto others. And at MVP I have always someone available to talk to about my doubts, be it asana concerns, journaling (yes, I did take up journaling, after all!) or my dosha imbalance😉

So, decide what you want for yourself and pick one of the many offers out there. What is the style that most resonate with you? How much time per day or week can you dedicate to the training? Can you attend physically or online? What language do you want your training to be in? Drop an email to the yoga studio before making your purchase or call them and see how it feels. Or take one of their classes and observe if you like what you are taught and the way it is offered. In the end, it is always your choice, like in yoga. 

            Practicing teaching for my 200H

I don't know when and if I will get my 200-hour certicate. But one thing is true: it's not about the end of the journey, but it's all about the journey itself. Ready to start your travel?

Namaste!