Giovanissimi e' ambientato nella periferia di Napoli di
fine anni Novanta. Ci sono i motorini
Zip, il film Titanic e' uscito da poco e ci sono ancora le lire.
Il titolo prende spunto da una delle categorie calcistiche
del settore giovanile, i giovanissimi appunto. Ma fa anche riferimento all'essere adolescente, tremendamente giovane e quindi pieno di inesperienza.
Marco Pane ha infatti quattordici anni e nessuno lo chiama
per nome. Come d'uso, ha un soprannome, Marocco, a causa dei capelli ricci e
scuri - perfino il padre una volta lo ha chiamato Marocco.
E' un quattordicenne come tanti: va al calcio, spronato dal
padre e dal mister; va a scuola, dove ottiene la licenza media nella speranza
di avere il motorino - ma quando la promessa paterna non viene mantenuta,
cominciano i problemi a scuola e gli espedienti per raccogliere soldi e
comprarselo da solo; vede gli amici, con cui parla di sesso e fuma. Non c'e' un
momento della giornata in cui il pensiero della madre, che se ne e' andata da 5
anni senza piu’ dare notizie, non si sovrapponga a quello che sta facendo, a
quello che sta pensando. E' questo pensiero a riempirlo a tratti di rabbia, di
rassegnazione, di dubbi e domande senza risposta. Ed e' solo l'incontro con una
ragazza, Serena, a spalancargli scenari futuri che non sembravano possibili.
Come dice l'autore, e' un libro di prime volte perché l’adolescenza e’ cosi’: la prima bocciatura, il primo provino importante nel calcio, il primo anno di liceo, il primo bacio, il primo motorino, la prima esperienza di spaccio, il primo cadavere. Ed è un libro di formazione, di speranze negate e poi riaccese, di possibilità, di scelte. Lasciato a Marocco il compito di riassumere la propria vita, ne esce che
Mancava poco alla fine del campionato e
galleggiavamo appena sopra la meta’ della classifica. Mia madre mi aveva
abbandonato, lasciandomi con mio padre. Un mese e mezzo e sarei stato bocciato
per la prima volta ed ero molto piu’ che vergine e forse qualcuno stava
pensando a come uccidermi. Mi sembro’ che mi servisse qualcosa di ben piu’
potente di un coltello.
Non da ultimo, e’ un libro di fantasmi. Quello della madre che aleggia nei sogni notturni e diurni di Marocco. E quelli di cui legge con interesse nei suoi giornaletti. Il finale, amaro e volutamente ambiguo, strizza l’occhio proprio ai fantasmi.
L’ambientazione napoletana, per quanto
caratterizzata, nulla toglie al carattere universale di questa periferia.
Chiunque sia stato adolescente in una periferia italiana si riconoscerà in
alcuni dei passaggi del libro. L’uso dei soprannomi che fanno quasi dimenticare
i nomi veri, il calcio ovunque, l’importanza di avere un motorino… Il tutto
condito da uno stile preciso e asciutto, specchio della forma mentis di Marocco,
narratore in prima persona. Anche dal punto di vista espressivo si sottolinea
cosi’ il suo processo formativo.
All'inizio, infatti, prevale uno stile
paratattico, caratterizzato
(1) dall'uso indistinto della congiunzione più semplice, la “e”, usata per qualsiasi
connessione logica:
Ci mise sopra una grossa quantità di
parmigiano. “Per coprire il sapore” disse e venne l’ora e andammo nel mercatino
rionale…La domenica, nello stesso posto, c’era un mercatino molto più grande e Lunno
aveva gia’ sedici anni, due piu’ di me. E non andava a scuola e il padre era un
ubriacone. (...)
(...) Marco parlava e parlava e basta, a ruota
libera, come se esistesse solo lui, e se qualcuno s’offendeva o ci restava male
a lui non importava e aveva anche le guance ricoperte di brufoli.(2) dalla
colloquialità dei tempi verbali:
Immaginai che uscivo dal portone del palazzo e
la vedevo…
(3) dalla
ritrosia ad espandere i pensieri:
Gioiello arrivò e fermò il motorino. Il Mister
incrocio’ le braccia, perché era contrario a cose del genere, e cioè ai
ritardi, ai motorini e anche a tutto il resto.
È solo dopo l’incontro con Serena che lo stile
si fa più riflessivo, più complesso e articolato perché Marocco e’ cambiato,
sta cambiando:
Ci
avvicinammo come se stessimo ingoiando quella scena, come se ci stesse infilzando
gli occhi, ma quando ci passammo davanti scomparve in un istante. Pensai che ci
voleva molto per arrivare a fare le cose e che ci voleva un attimo per vederle
finire.
Un romanzo profondo, che in
poche pagine dipinge un’età, con le sue debolezze, i dubbi, le paure e i suoi
fantasmi. E che non si lascia tentare dal lieto fine - anche se per Marocco
forse lo avremmo desiderato.
Semifinalista al Premio Strega 2020, ha le carte in regola per accedere alla cinquina finale.